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I fiori di Bach ed i loro amici

Volevo essere normale, ma poi ho deciso di essere me stesso.

2021-05-11 09:09

Giulio Di Meo

Fiori di Bach, Fiori di Bach, Consulenza individuale, Crescita personale, emozioni, Accettazione,

Volevo essere normale, ma poi ho deciso di essere me stesso.

Il meccanismo dell’accetazione ha permesso di lavare via tutte le mie paure, di creare un terreno fertile affinche i semi della speranza iniziassero a germinare

Il concetto di “normalità” può essere inteso in diversi modi. La normalità si frammenta in una pluralità di modi di agire, di pensare, di “funzionare”, di raggiungere obiettivi. Naturalmente non tutti gli obiettivi sono uguali in termini di correttezza etica o di efficienza: ce ne sono di sbagliati, come ci sono modi inefficienti. Questo mi ha fatto giungere alla conclusione che la complessità dell’essere umano non può essere ricondotta ad una definizione statistica di normalità, perché questa prevede uno studio di singole variabili (colore degli occhi, forma del naso, lunghezza del collo) che perderebbe la visione del tutto, dell’essenza umana. Pertanto, ciascun essere umano ha minimo una caratteristica che lo fa sentire distante dalla media, dalla normalità. Ma che fine fanno tutte le altre caratteristiche che lo fanno sentire normale, nella media? In questo senso sono “normali” tutti i comportamenti accettati da una certa società in un determinato contesto storico-culturale, e quindi “normale” non è ciò che accade con più frequenza, ma ciò che si presume dovrebbe accadere con maggior frequenza.Tutto ciò che vediamo come strano e anormale non ha alcun motivo di essere associato a una disposizione problematica o negativa dell"individuo che realizza detta condotta. In realtà, la società esclude condotte, idee o caratteristiche, spuntandole come strane o anormali. Questo spiega, per esempio, la grande variabilità di condotte, atti e sentimenti riposti nel cassetto della normalità e dell"anormalità nel corso della storia. Per esempio, secoli fa era normale e legittimo uccidere una persona se aveva ferito il nostro orgoglio, ai giorni d"oggi lo consideriamo assurdo e immorale.

Potremmo dunque dire che la normalità è un costrutto sociale che ingloba i comportamenti, le idee e le caratteristiche che risultano adeguate alla vita in società. Si tratta di una forma di autoregolazione di cui dispone la società. Per questo motivo, la psicologia riconosce i paradigmi sui disturbi e sulle disabilità basati sulla diversità funzionale; dobbiamo pensare all"anormalità come a un concetto prodotto dalla società e non come a una caratteristica dell"individuo.

Mi sono sempre sentito diverso fin dalla più tenera età, infatti da piccolo avevo delle "strane" paure: mi venivano delle vere e proprie crisi di panico, urlavo e piangevo non appena sentivo dei suoni particolari o vedevo oggetti muoversi...ad esempio mi venivano le crisi nel momento in cui vedevo un'altalena dondolare oppure quando il vento forte faceva sbattere le finestre, oppure quando sentivo il suono di un carillion, o comunque giocattoli simili, giocattoli che emettevano suoni insomma...ero anche molto timido, insicuro, spaventato dalle persone, infatti mia madre mi racconta spesso che alla vista di persone a me sconosciute cominciavo a piangere insistentemente...spaventato... terrorizzato. La mia grande sensibilità mi faceva percepire situazioni ad altri sconosciute.

Ricordo che mi isolavo e piangevo pensando sempre la stessa cosa: “Nessuno mi vuole bene”. Verso i 10 anni: fase di aumento di peso e inizio della consapevolezza di essere veramente “diverso”.

In piena adolescenza ho subito torture fisiche e psicologiche dalla gente che mi stava attorno e le prime discriminazioni sociali ad ogni livello. Solitudine, aumento progressivo dell’aggressività e dello sconforto di vivere, emozioni di odio e compiacimento nel vedere la sofferenza altrui, perdita di un anno di scuola dovuta al mio cattivo andamento e disturbi alimentari. Da sempre obeso, ho sempre avuto difficoltà nel vestiario, discriminato e deriso da tutti. Ho sempre voluto essere normale ma grazie all’incontro con i fiori di Bach, nel 1986, il mio rapporo con il cibo è cambiato e anche la relazione con il mio corpo, questo ha reso possibile conquistare un equilibrio emozionale stabile. Il meccanismo dell’accetazione ha permesso di lavare via tutte le mie paure, di creare un terreno fertile affinche i semi della speranza iniziassero a germinare e fiorire alla vita restituendo alla mia anima il ruolo che le compete : l’autenticità.

Quando siamo bambini non abbiamo pensieri e i nostri comportamenti sono in linea con le nostre emozioni e sentimenti. Se abbiamo fame chiediamo cibo; se siamo tristi piangiamo; se abbiamo paura ci nascondiamo nelle braccia di qualcuno che ci protegga. Quando cresciamo, tutta questa spontaneità diventa ingombrante e non va più bene: la mente, con le regole che ha assimilato nel corso degli anni, prende il sopravvento. Incatenare i nostri sentimenti e indirizzarli in rigidi binari è un’azione che già negli anni dell’adolescenza impariamo a fare ogni giorno. Impariamo, anche per colpa della cultura dominante, a sacrificare la nostra verità e a omologarci al sentire comune. Si tratta di una sorta di circolo vizioso per il quale l’individuo si spacca in due, dividendosi tra ciò che è e ciò che decide di essere. Un conflitto costante che porta a reprimere e a nascondere la vera natura in nome di qualcosa che si pensa possa essere accettata con più facilità dal mondo esterno. Di questi tempi sono sempre di più le persone che fingono di essere ciò che non sono e che seppur frustrate cercano di seppellire la propria identità, nascondendola persino a se stessi. Ciò spinge verso uno stato di confusione unico che può portare a non sapere più cosa si desidera. Un processo che coinvolge le emozioni umane, generando frustrazioni, ansie, depressioni e persino delle fobie. Chi ha paura di essere se stesso, infatti, il più delle volte finisce con l’isolarsi, privarsi di tanti piaceri e finire con il chiudersi in un guscio. Perché sentirci significa mettersi in contatto con le proprie paure, debolezze, angosce, ansie, tristezza. Ci si vuole aprire ma si ha paura di non essere accettati, di non essere amati, di sentirsi inadeguati e ciò costringe a nascondere i veri sentimenti e ad adattarsi a ciò che gli altri si aspettano da noi. Per paura di essere se stessi l’uomo di oggi reprime le sue sensazioni. Tale situazione esaurisce le energie della persona e distrugge la sua pace mentale perché lotta tra quello che è e quello che crede di essere.

 

Non si può vincere la lotta perché non si può lottare contro una parte di se stessi: reprimere una sensazione non provoca la sua scomparsa ma la spinge più in profondità. Reprimendo le proprie sensazioni o si diventa fobici perché ci si ritira e si rinuncia ad affermare se stessi per paura di un rifiuto o  si diventa aggressivi per nascondere le  proprie paure. Ma se ci ritiriamo in se stessi o aggrediamo gli altri saranno i nostri corpi a manifestare le proprie paure attraverso atteggiamenti di chiusura e di rigidità.

 

La lotta termina quando si accetta di essere quello che si è. Per essere una persona si deve imparare a lasciare il flusso delle sensazioni e darci il tempo per respirare e sentire. La soluzione per essere se stessi è non fare caso alle aspettative altrui, non riuscirete mai a compiacere tutti. Non dovete rispettare i canoni di persona ideale degli altri, siete quello che siete, ed è meglio mostrarlo il prima possibile per attirare a voi persone simili.